mercoledì 29 ottobre 2014

LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI IN CAPITANATA


Si narra che nei tempi antichi di Roma, sulla strada che portava ad Ostia, esisteva un giardino meraviglioso con tanti alberi ricchi di frutti succosi.

Qui dimorava una bellissima Amadriade che, con argentei coltellini e falcetti, sfoltiva i rami degli alberi, ibridava piante differenti, faceva scendere su di loro delicate piogge e, soffiando, faceva frusciare le loro chiome.

I Romani chiamavano questa ninfa degli alberi da frutto Pomona, il luogo dove viveva Pomonale e la festeggiavano la notte fra il 1° e il 2° di novembre.
A lei dedicavano gli ultimi frutti dell'anno : castagne, noci, uva, mele e melograni e a lei si affidavano affinchè i frutti, raccolti e conservati, durassero per tutta la stagione invernale e che i semi sotterrati rinascessero in forma di piante fruttifere.

A questa bella e generosa dea veniva affiancato il dio etrusco Vertumno che era abile nelle metamorfosi e presiedeva al mutamento delle stagioni e alla maturazione dei frutti.
Questi festeggiamenti alludevano al letargo della Natura e alla interruzione del periodo fertile e si rifacevano a rituali ancora più antichi di morte e rinascita.

Queste celebrazioni vennero cristianizzate.

Nel 988 Odilone di Cluny, quinto abate dell' Abbazia di Cluny, dispose che tutti i conventi cluniacensi, dopo i vespri di Ognissanti, suonassero le campane con rintocchi funebri, in onore di tutti i defunti e si pregasse per loro. Successivamente questa pratica si estese a tutta la Chiesa occidentale.

Oggi in quella straordinaria parte della Puglia settentrionale, chiamata Capitanata, vi sono suggestivi borghi antichi, adagiati sulle alture dei Monti Dauni, ricchi di storia e tradizioni in cui armoniosamente convivono il sacro e  il profano, le credenze popolari e la religione cristiana.
Un'antica credenza è quella che nella notte tra il 1° e il 2°di novembre le anime dei morti riprendono i loro corpi e percorrono le vie dei paesi in processione secondo un ordine particolare: avanti sfilano i bambini molto piccoli ,poi quelli più grandicelli, i giovanotti, le zitelle, le maritate, il clero e gli uomini.
Chiudono la sfilata i morti colpiti da fulmini e quelli ammazzati con i corpi devastati da ferite sanguinolente e i decapitati con le teste in mano.

Gli anziani raccontano che, in tempi passati , si poteva vedere questa insolita processione mettendo, davanti la porta di casa, una bacinella d'acqua in cui si versava un pò di olio, si mettevano due candele ai lati e una misura di fave da contare. Guardando con molta concentrazione l'acqua si vedeva la "Processione dei Morti".

Ma, prima del passaggio dei morti ammazzati, l'osservatore doveva avere la prontezza di interrompere l'esperimento. Se, per curiosità o incantesimo non lo faceva, rischiava di essere rapito o ucciso.
Per rischiarare la via ai defunti, ancora oggi, davanti alle case si mettono le zucche ,svuotate, intagliate e illuminate da una candela posta nel loro interno.

A Orsara in questa notte misteriosa e magica al tempo stesso, si accendono i falò in tutte le strade del paese e davanti alle abitazioni vengono imbandite tavole con cibi poveri ma simbolici come il grano cotto e condito con il mostocotto e i chicchi di melograno, patate, cipolle, castagne cotte, ceci e fave.
L'elemento che caratterizza i falò di Orsara è la Ginestra che è un arbusto che si trova in abbondanza sui fianchi delle colline circostanti, è profumato e, bruciando, con i sui crepitii rallegra la notte fredda e nebbiosa e poichè volatilizza facilmente sembra collegare cielo e terra in questa notte surreale dove il mondo visibile e quello invisibile sembrano entrare in comunicazione.

Si crede infatti, in tutta la Capitanata, che le anime dei defunti tornino tra i vivi aggirandosi tra i parenti e nelle case dove avevano vissuto e lascino dei doni nelle calzette che i bambini appendono nel camino o dietro l'uscio o le finestre.

"PAESI CHE VAI, USANZE CHE TROVI"

sabato 9 agosto 2014

Donne del sud: "Le donne del pianoterra".

In molte cittadine pugliesi, nelle famiglie che abitano i pianoterra dei vicoli più antichi, vige il "matriarcato". Qui abitano donne, dalla forte personalità, in grado di gestire e organizzare il quotidiano di tutta la famiglia.

Sono le "manager"con il grembiule e le pianelle. Hanno figli da crescere, educare, portare a scuola e andare a riprendere.

Devono tenere la casa in ordine ... anzi a lucido perchè ... non si può mai sapere ... può entrare all'improvviso la vicina impicciona ... o può esserci la necessità del medico all'improvviso ... e che deve dire la gente...

E allora dagli sotto con stracci, scope, spazzoloni e lucidanti fino all'immmediato spazio antistante l'ingresso dove sono "stanziali " lo stendino per il bucato e la sedia per il relax.

Poi c'è da preparare il pranzo per i figli che tornano da scuola e quello per la sera quando torna il marito dal lavoro. Quando la campana della chiesa più vicina rintocca le 12, dai pianoterra del vicolo esce un mix di  odori di soffritto di cipolla con i piselli, di frittata con le uova , di peperoni verdi fritti e fettine di carne in padella che avvolgono e stordiscono i passanti.

Se c'è l'aiuto di una nonna, che vive nella stessa casa, allora le donne del pianoterra diventano anche imprenditrici: organizzano una produzione e vendita diretta di pasta fatta in casa, vasetti di conserva di pomodoro, peperoni sott'aceto, carciofi sott'olio,olive sotto sale ecc ...

Oppure contemporanramente vendono i prodotti dell'orto e della campagna, che i mariti hanno portato la sera prima, esponendoli davanti all'ingresso nelle caratteristiche ceste o più semplicemente nelle cassette di legno o di plastica.

Si è già capito che la forza e l'intraprendenza delle donne dei vicoli sta proprio nell'assenza del marito per buona parte della giornata. Lui rimane sempre il capofamiglia e viene sempre tenuto al corrente degli eventi della giornata ... magari con qualche piccola ... strategica omissione e sempre consultato se ci sono problemi da risolvere o decisioni da prendere ... Il più delle volte, per la verità, lei ha già la sua soluzione ... e il marito, senza saperlo, sarà daccordo con lei.

E anche se è lui che porta il denaro per il sostentamento della famiglia, è lei che lo gestisce. Questa manager con le ciabatte e il grembiule che si prodiga a 360° per la sua famiglia è pratica, burbera a volte, caratterialmente vivace, molto espressiva nella gestualità e nel linguaggio però, quando vuole, sa essere anche suadente,"diplomatica" e affettuosa.

Evviva le manager del pianoterra !

mercoledì 23 luglio 2014

Un profumo magico, la violetta di Parma.


Ho ricevuto in regalo una elegante confezione di profumo:"La Violetta di Parma".

Quell'odore dolce e delicato ha evocato in me immagini di tempi lontani : il paese di mia madre sulla collina, le affettuose accoglienze delle zie esternate con bacetti, complimenti ,risolini e tipici dolcetti offerti in piccoli vassoi di vetro con decorazioni floreali. Ma soprattutto mi ha ricordato la camera di mia nonna: i mobili di noce, l'enorme letto, incredibilmente alto, con  la testata di ferro battuto con foglie e fiori stilizzati e un medaglione centrale, sempre in ferro, dipinto a mano; le finestre con le persiane socchiuse e le tende bianche, leggere con meravigliose bordure di pizzo; il
profumo dei cassetti del comò dove vi era sempre una saponetta alla "Violetta di Parma".

Ma ricordi e sensazioni personali a parte, il suddetto profumo è soprattutto associato al ricordo della Duchessa di Parma Maria Luigia d'Austria, che governò Parma dal 1816 al 1847 in pace e prosperità. La  Duchessa amò a tal punto il delicato fiore della violetta di Parma che ne adottò il colore: per le divise dei suoi valletti, gli abiti dei cortigiani e i propri mantelli.

Si occupò personalmente che il piccolo e profumato fiore fosse coltivato sia nell' orto Botanico che nei suoi giardini e sostenne le ricerche dei frati del convento dell'Annunciata che riuscirono ad ottenere dal fiore e dalle foglie della violetta un'essenza uguale a quella della delicata pianta. I primi flaconi del profumo furono destinati all'uso personale ed esclusiva di Maria Luigia.

Nel 1870 Ludovico Borsari riuscì ad avere da quei frati la formula segreta per preparare quella famosa fragranza e fu il primo ad avere l'idea di produrre il profumo della Violetta di Parma anche per il piacere di una cerchia più vasta di donne. La coraggiosa iniziativa di Borsari divenne la prima grande industria di profumi italiana,famosa in tutto il mondo. Per questo delicato profumo furono create bellissime boccette di vetro colorato in stile Liberty.

Grazie alla duchessa Maria Luigia, ai Frati alchemici e al cavaliere Ludovico Borsari , il fiore simbolo della città di Parma è oggi  un profumo, una dolce caramellina glassata e componente della moda, della letteraura e dell'immaginario di Parma. 

Pensate,  Marcel Proust, che a Parma non era mai stato, ricordando la violetta, immaginava la città color malva.

Oggi a Parma esiste un "Museo della Violetta" e anche un negozio che vende il famoso profumo della collezione Borsari e la garbatissima persona che lo gestisce, su richiesta, è pronta ad accompagnarvi personalmente a visitare l'insolito museo.

Che dire, questa è l'Italia che mi piace!

sabato 19 luglio 2014

Non è vero ma ci credo

Su un tratto di costa del Gargano, a picco sul mare, si snoda una strada stretta che fiancheggia una lunga serie di vecchie case a schiera dalle quali occhieggiano finestre e balconcini incorniciati da caschi di peperoncini rossi e vasi di basilico.
Al piano terra di una di queste case, si può notare la costante presenza di un'anziana donna seduta su una sedia impagliata. Il suo viso ha un' espressione bonaria e le sue mani sono sempre all'opera: a pulire cicoriette, a sbaccellare i piselli, a confezionare trecce d'aglio o fare centrini con l'uncinetto e per la verità, nonostante le sue dita siano grosse e ruvide, i suoi lavoretti sono dei veri gioielli di cotone.
 
Ma mentre le mani lavorano i suoi occhi controllano la strada. Nulla e nessuno le sfugge e, se ne ha voglia, ti fa la cronaca di tutto quello che accade in quel tratto di strada . Ma la pacifica signora,della quale non dico il nome nè quello del paese per la legge della privacy, è nota  tra i suoi compaesani perchè ha, chiamiamolo così, un potere: allontana le trombe d'aria.


Quando le viene chiesto come fa, lei non si scompone e dice che quando vede che l'aria che si "arruviglia", lei dalla sua postazione, si fa il segno della croce, dice delle" Ave Maria " e "Gloria Padre" e con un gesto della mano l'allontana dal paese. Racconta ciò con un sorriso modesto, per lei, allontanare le trombe d'aria, con un semplice gesto della mano, è una cosa normale, come allontanare le mosche.

Ma quello che ai forestieri non dice, ma che i suoi paesani sanno, è che tra le varie Ave Maria e Gloria Padre sono inserite anche frasi rituali in stretto dialetto locale, note solo a lei.

Non è vero ma ci credo, fatto sta che alcuni abitanti del paese sono pronti a giurare che la brava donna, più di una volta,  ha allontanato le trombe d'aria che dall'orizzonte marino si dirigevano verso la costa e il paese. Pare che la donna garganica che ha il potere di allontanare le trombe d'aria, abbia delle colleghe, una di esse vive in Sicilia.

Ciao, al prossimo racconto.


lunedì 14 luglio 2014

Misteri del Gargano.

Nella cristianità, più di mille anni fa, il Sacramento della Penitenza era molto sentito.
L'uomo di quel tempo per espiare i suoi peccati si ritirava nei deserti o effettuava pellegrinaggi. Le mete tradizionali del pellegrino erano : il Sepolcro di Pietro a Roma, il Santo Sepolcro a Gerusalemme e la Tomba di San Giacomo a Santiago di Compostela, a nord della Spagna. Nell'alto Medioevo vi era anche una quarta meta di pellegrinaggio: quella della Grotta di San Michele Arcangelo sul promontorio del Gargano che si trova nella Daunia, a nord della Puglia.

I pellegrini provenienti dall'Occidente che erano diretti in Terra Santa,consideravano una meta obbligata,per la salvezza,la suggestiva Grotta dell'Arcangelo Guerriero. Diedero molta importanza al Santuario di San Michele del Gargano i Sovrani e i Principi longobardi che finanziarono la ristrutturazione della Basilica-Grotta e resero sicuro e confortevole il cammino del pellegrino attraverso un'agevole rete viaria costellata di ospizi, posti di guardia, monasteri e chiese posti ad intervalli quasi regolari di una ventina, o poco più , di chilometri l'uno dall'altro.

I pellegrini diretti alla Grotta del Gargano venivano da tutta Europa, anche i Crociati, prima di partire per la Terra Santa ,si recavano al Santuario di San Michele. Il culto dell'Arcangelo Michele sul Gargano fu importato da Bisanzio. A conferma di ciò fu la scoperta,sotto il pavimento della attuale Grotta, dell'esistenza di una grotta che era stata un luogo di culto bizantino. Quando entò in crisi l'Impero Romano, i Bizantini cercarono di estendere il loro dominio nel Meridione d'Italia e poichè nella Puglia settentrionale vi era un importante porto,quello di Siponto, l' imperatore Zenone vi  mandò un vescovo di origine bizantina, Lorenzo Maiorano, per diffondere la cultura orientale in quella zona.

E infatti a Lorenzo Maiorano si attribuisce la rinascita spirituale della zona con la diffusione del culto dell'Arcangelo Michele e la nascita del Santuario di Monte Sant'Angelo del Gargano. Un antico racconto, tramandato "oralmente",uno dei tanti su San Michele, narra che l'imperatore Zenone convocò un giorno Lorenzo Maiorano:
 < Lorenzo,mi hanno riferito che su un Monte della costa levantina italica avvengono fatti misteriosi. In una caverna  sono state viste luci abbaglianti e sentiti canti angelici dopo che un terribile tremore aveva scosso la Montagna ed un improvviso e tempestoso Vento di Borea si era abbattuto su di essa. Sai benissimo anche tu che questi sono i segnali che Dio ha mandato "Michele" in quella terra per combattere sai bene "Chi"...
Tu, Lorenzo, devi recarti lì. Ti nominerò vescovo del luogo, e consacrarai  la"Grotta".>

Lorenzo Maiorano arrivò in Italia e fu nominato vescovo di Siponto. Indagò sui fatti accaduti e si rese conto che in quella Caverna dimorava l'Arcangelo Michele e che l'aveva consacrata personalmente, lasciando concrete testimonianze di ciò.

Il Santuario di San Michele del Gargano è l'unico luogo di culto al mondo non consacrato da mano umana.

Ciao ... al prossimo mistero.

martedì 8 luglio 2014

La Grecia, tra miti e realta'

Zeus trasforma Licaone in un lupo (Hendrik Goltzius, 1589)
Con il racconto di oggi vi porterò in un" luogo " molto antico.

Il cuore del Peloponneso si chiama  Arcadia ed è una regione montagnosa della Grecia che, a giustificazione del nome, conserva caratteristiche di sapore arcaico, sia nella economia, pastorale e transumante, sia nei costumi dei suoi abitanti che mantengono molti elementi dell'antichità come ad esempio il ballo Tsakonikos
che rappresenta l'uscita di Teseo dal Labirinto.

Nella strada principale che esce a sud-ovest da Megalopoli in direzione di Kalamata vi è una deviazione a destra che porta, dopo aver attraversato un bosco di querce, al paese di Apiditsa dove la strada si dirama.

La strada a destra porta alle rovine di  Lykosoura. Secondo Pausania, storico e geografo greco, Lykosoura era molto antica ed era la città sacra dei re dell'Arcadia dove venivano adorati Dei antichissimi. Qui sono state portate alla luce le rovine del santuario di "Despina", un'antichissima divinità dell'oltretomba adorata in Arcadia.
 Ma il vero nome di Despina non si sa, perchè ancora nel II secolo d.C., ai tempi di Pausania, i fedeli avevano timore di rivelarlo ai profani.

Dalle rovine la strada continua verso nord e dopo un breve tragitto arriva all'odierno paese di Lykosoura. Proseguendo ancora verso nord la strada passa per Lykeo, un pittoresco paese con una ricca fonte al centro del paese, e finisce più in alto nel paese di Ano Karyes di una bellezza indescrivibile: dentro e fuori del paese scorrono acque abbondanti e intorno vi sono prati , fiori e castagni.

Da Ano Karyes partono gli scalatori per la salita sul monte Lykeo che si trova a 1.421 metri di altitudine. All'altezza di 1.200 si apre un piccolo altipiano dove sono state trovate le rovine del tempio del dio Pan, il dio dei pastori arcadi. Un  pò più in alto si conserva la base di una colonna. Lì nell'antichità si trovavano due colonne decorate con aquile dorate, alla base di una collinetta di terra che era l'ara dedicata a Zeus.
Sulla cima della collinetta gli antichi facevano i sacrifici, e addirittura, si dice, che facessero sacrifici umani. Così testimoniarono Platone e più di cinquecento anni più tardi, Pausania che sul monte era salito,scrivendo poi che" su questo altare essi sacrificavano in segreto a Zeus Lykaios". Da scavi effettuati da una missione greco-americana a partire dal 2006, i pochi reperti trovati fanno pensare
che il santuario del monte Lykeion era un luogo di venerazione già molti secoli prima di quanto si credeva ed era dedicato ad una Divinità dal nome sconosciuto venerata prima di Zeus.

Quando nel II sec. d.C. Pausania visitò il santuario, la memoria delle sue antichissime radici, gli avevano conferito quell'atmosfera di mistero che lo stesso Pausania aveva colto e poi descrtto" nessun uomo poteva mettere piede all'interno del sacro recinto,pena la morte, che sarebbe avvenuta entro l'anno". E inoltre
annota "all'interno del santuario nessun animale, nè essere umano, getta ombra". Come dire che chi entrava nel recinto sacro era destinato a diventare un fantasma. Ai tempi del misterioso santuario era re dell'Arcadia Licaone, uomo molto prolifico,pare avesse 50 figli, con una personalità ambigua: un re giusto e generoso da un lato,mentre dall'altro infrangeva le sacre regole dll'ospitalità uccidendo i commensali che invitava al suo tavolo.

Una versione molto nota del mito di Licaone, riportata da Pausania, vuole che il re avendo invitato a pranzo alcuni forestieri gli venne il sospetto che uno di loro fosse un dio. Per smascherarlo fece servire della carne umana mista ad altre carni di animali. Ma l'ospite divino in incognito era Zeus che aveva voluto constatare di persona la malvagità del re. Zeus infuriato scagliò il suo terribile fulmine che incendiò la reggia, maledì Licaone e lo trasformò in lupo. Anche Ovidio nelle "Metemorfosi" racconta il mito di Licaone.

Si voleva con queste storie mitiche dare ammonimenti agli antopofagi arcadi a lasciare i vecchi riti cruenti.  Infatti Platone riporta che ogni otto anni si riuniva sul monte Lykaion una setta per celebrare sacrifici in onore di Zeus Lykaios. Durante questi riti si mescolava un  singolo pezzo di interiora umane a interiora di animali e poi si distribuiva il tutto ai presenti: chi avesse mangiato il pezzo di carne umana si sarebbe trasformato in lupo e avrebbe potuto recuperrare la propria forma umana solo se non ne avesse più mangiata fino alla conclusione del successivo ciclo di otto anni.

Dal mito di Licaone nasce la credenza popolare, molto diffusa in tutti i Paesi, del Licantropo, l'uomo lupo o lupo mannaro..

Il Peloponneso è la Grecia dei miti, quella che ci ha raccontato Omero. Io ci sono stata e posso confermarne la magica atmosfera.

Spero di avervi incuriosito e, chissa', ispirato per le vostre prossime vacanze.

Ciao, a presto.



mercoledì 2 luglio 2014

"Il mito della Sibilla Cumana" tratto dalle Metamorfosi di Ovidio.

" ... Enea si diresse al lido di Cuma,zona paludosa pullulante di alghe. Lì entrò nella grotta della longeva Sibilla per pregarla di aiutarlo ad attraversare l'Averno e ad  incontrare i Mani del padre.
La Sibilla accettò di fargli da guida e gli indicò poi un ramo fulgente che cresceva nella selva della dea Giunone d'Averno e gli ordinò di staccarlo dal suo tronco.
Egli eseguì il comando e così vide schiudersi davanti ai suoi occhi l'Orco Tremendo in tutta la sua potenza e potè incontrare le ombre dei suoi antenati e quella magnanima del vecchio Anchise. Fu informato anche delle leggi che governavano quei luoghi e dei pericoli che ancora doveva affrontare nelle future guerre.
Sulla via del ritorno si rivolse alla Sibilla che lo guidava:
< Non so se tu sia una dea vera o solo un essere privilegiato dagli Dei,ma io ti considererò sempre una divinità e riconoscerò sempre che fu tuo merito se ho potuto visitare i luoghi della morte e ritornare sano e salvo dopo averli visti. Per ringraziartene, quando tornerò a respirare l'aria pura che ci sovrasta, ti eleverò un tempio,anche se sei una persona viva e ti onorerò con l'incenso.>
 La profetessa gli rispose:
< Non sono una dea non devi attribuire l'onore del sacro incenso a una persona umana! Ma devi sapere che mi era stata offerta una vita eterna priva del buio della morte a patto di sacrificare la mia vergnità all'amore di Febo. Egli sperava di ottenerla e faceva di tutto per attirarmi con doni. Scegli quello che vuoi, mi disse e l'avrai, fanciulla di Cuma. Io raccolsi un pugno di polvere e glielo mostrai, chiedendo di vivere tanti anni quanti granelli c'erano in quella manciata di polvere: nella mia stoltezza non mi venne in mente di aggiungere che dovevano essere anni di gioventù.
Egli mi avrebbe concesso senz'altro insieme ad essi una giovinezza perenne,se avessi accettato il suo amore: invece per aver disprezzato la sua offerta, sono rimasta senza nozze. E ormai l'età più felice mi ha volto le spalle e la penosa vecchiaia avanza col suo passo tremante: dovrò tollerarla a lungo.
Sibilia Cumaea, Elihu Vedder (1898)
Ho già vissuto sette secoli e per adeguare il numero dei granelli di polvere mi manca di vedere ancora trecento estati e trecento autunni. Verrà il momento in cui, altermine della mia lunga giornata,il mio corpo si rattrappirà, da così imponente che era, e la vecchiaia consumerà le mie membra e le ridurrà ad un mucchietto d'ossa senza peso. Allora non sembrerà possibile che io sia stata amata e meno che meno che sia piaciuta a un dio. Febo stesso forse non mi riconoscerà o negherà di avermi mai voluto bene. Fino a tal punto si dirà che sono mutata! Poi sparirò agli occhi di tutti, ma sarò riconosciuta dalla voce, sì il destino mi lascerà la voce.> "

Bel mito! Ognuno ne tragga la morale che crede. Ciao.

Esilio alle Tremiti

Luglio 2014. Tempo di vacanze, di racconti magici sotto le stelle cadenti, di venti caldi e profumi intensi e di luoghi speciali.

Uno di questi luoghi è un piccolo arcipelago dell'Adriatico chiamato" Diomedee",  "Orto del Paradiso", Tremiti.

Su una delle isole Tremiti, quella di San Nicola, passeggiando lungo le piccole spiagge , circondate dalle rocce o per i sentieri, tra fioriti arbusti e profumate erbe selvatiche, vi può capitare di vedere in quel particolare momento del tramonto, quando la luce diventa dorata e incipriata di arancione e di rosa, una evanescente figura di donna dal portamento regale, solitaria, con una lunga tunica leggera che guarda malinconicamente l'orizzonte. Ma la si può vedere solo per pochi momenti, poi svanisce insieme al rosa e al lilla del tramonto.

Quella apparizione è Vispania Giulia Agrippina, più nota come Giulia minore,nata il 19 a.C. e membro della dinastia Giulia-Claudia, in quanto nipote dell' imperatore romano Augusto .

Julia Minor (foto: Jörg Moser)
Fu su questa isola esiliata dal nonno per aver commesso adulterio. Nel 18 a.C.Augusto aveva promulgato delle leggi per cautelare la famiglia. Una di queste leggi era la "lex de adulteris" che puniva con l'esilio a vita la sposa infedele e il suo amante ed obbligava il marito o il padre alla denuncia dell'adultera.
Ma per uno strano scherzo del destino fu costretto ad applicare la legge proprio a danno delle donne della sua famiglia: la figlia e la nipote.

Giulia visse sull'isola delle Tremiti per venti anni. Qui morì nel 29 d.C. e quì fu sepolta poco lontano dalla tomba del leggendario eroe greco Diomede.
Nello scandalo di Giulia minore fu coinvolto anche il grande poeta Publio Ovidio Nasone che fu improvvisamente e misteriosamente mandato in esilio, senza ritorno, a Tomi sul Mar Nero.
Il marito di Giulia, Lucio Emilio Paolo Lepido, venne condannato a morte poichè dichiarato connivente della moglie. Invece l'amante Decimo Giunio Silano non fu nè esiliato, nè condannato con un editto del Senato, venne invece privato dell'amicizia di Augusto.

Ciao, alla prossima storia estiva.

venerdì 28 marzo 2014

Quel maledetto venerdì del 30 luglio 1627. Cronaca di una Apocalisse.

In una cronaca inedita del 1630, curata secoli dopo da Nicola Checchia, Antonio Lucchino, testimone oculare, descrive  il catastrofico terremoto del 1627 e i segni premonitori che lo precedettero anni prima.

Io vi riporto  parte della cronaca del Lucchino sui segni  premonitori  e parte della cronaca del terremoto che quasi completamente rase al suolo la città di San Severo di Puglia.

" Predisse la rovina di San Severo il signor Cesare d'Evoli, cavaliere, letterato e filosofo dell'epoca che abitava con la sua famiglia in questa città. Egli più volte disse pubblicamente che non molto tempo dopo la città sarebbe stata distrutta, ma non disse come. [...]
Nel 1617 ci fu l'apparizione di due comete l'una dopo l'altra. La prima nel mese di settembre e per tutto ottobre, di forma mirabile di colore che tirava al rosso, appariva due ore prima dell'alba ad oriente. Appena sparve questa, apparve la seconda. Era molto più grande ed aveva la coda all'ingiù a guisa di raggi lunghi e tirava al bruno e dalla parte settendrionale si alzava allo zenit di questa città ... e durò tutto gennaio del 1618. Ed io che più volte per curiosità la vidi, giudicai che oltre alle oppressioni presenti, doveva la misera città patire nell'avvenire assai più grandi calamità, come effettivamente successero. [...]Altra calamità sortì l'anno seguente, che mentre si vedevano le campagne fiorire per la grande quantità di frutti, d'ulive e uve in un attimo, cosa veramente meravigliosa, apparve un'innumerevole quantità di vermi per tutti i campi e vigne, di grossezza quanto il dito di una mano e di lunghezza mezzo palmo chi più chi meno e di colore alcuni neri, altri gialli e rossi e altri di tutti questi colori ben distinti, ve n'erano anche di colore verde ed altri di colore giallo e verde e tutti avevano in muso a guisa di bruco e numero grande di piedi a due ordini. I quali non solo divoravano i pampini delle viti e le fronde degli alberi, ma i fiori i frutti e l'agreste e se altro di buono vi fosse stato. E poichè i vecchi dissero che una cosa così non l'avevano mai vista la cosa diede grande spavento e anche più perchè non si sapeva come distruggerli. [...]
Così si decise di munire uomini con forbici e tagliare a metà i vermi uccidendoli. E dissero quelli che fecero ciò che nel tagliarli sentivano gran fetore. [...]
Nell'anno 1621, il 6 agosto, tre ore avanti il giorno ci fu un terremoto orribile ... vidi la mia casa come aprirsi in tutti e quattro gli angoli. [...]
Nel 1624 sovrabbondò tanto l'acqua sotto la città che i pozzi si empirono fino alla sommità ... molte fosse di grano si marcirono, si trovarono piene d'acqua che scaturriva e cresceva di sotto ... e si temette che la città s'inabissasse. [...]
E se si potesse dar credito agli Auguri, direi che questa ruina fu anche l'anno1625 predetta dalla gran moltitudine di nottole, che noi chiamiamo civette, che in un subito si udirono in tutti i luoghi della città, che di notte e di giorno l'empivano di querule strida e d'inusitate, lamentevole voci; ed erano tante che non vi era casa, sopra la quale non vi fossero cinque, sei. E questo fece temere una grandissima sventura. [...]
Cominciarono ad udirsi, ma leggermente, i terremoti sin dall'anno precedente 1626, in ottobre, novembre, dicembre; in gennaio del 1627, in febbraio, in marzo e in aprile; non s'udirono poi il maggio,e il giugno, fino al trenta di luglio. [...]
Per quattro giorni avanti il terremoto si vide una quiete d'aria grandissima ... e i caldi erano eccessivi e quasi insopportabili. Il sole tanto al nascere quanto al tramontare, si vedeva carico di vapori, in maniera che facilmente senza offensione vi si poteva fissare gli occhi. [...]
Al 27 di luglio, tre giorni prima, ci fu l'ecclissi della luna, che si oscurò tutta l'orbita, e dal principio dell'oscurazione sino alla fine vi passarono sei ore. [...] 
Si guastarono le acque dei pozzi e con meraviglia e stupore di chi le gustava, davano odore sulfureo e il giovedì, giorno precedente, si udirono molti lampi a guisa dei tuoni occupati sotto la terra e specialmente l'udirono alcuni gentiluomini che si trovavano, pel caldo grandissimo, nel monastero de Celestini a passare il tempo con quei Padri. [...] 
Al 30 di luglio, venerdì, con maggior forza che nei giorni precedenti il sole faceva sentire il suo calore, e maggiori erano la quiete e la serenità del cielo, ogni persona avendo desinato, chi se ne stava racchiuso in casa e chi in alcun luogo fresco, e molti s'erano ritirati nelle strade, dove gli edifici davano ombra, per fuggire il gran caldo. Io per affari mi ridussi in un orto all'incontro della chiesa di Santa Maria delle Grazie,ove erano dieci altre persone. ... Giunta l'ora fatale, sedici del giorno, si udì muggir la terra non a guisa di un toro, ma di grandissimo tuono, che non si saprebbe dare altra comparazione, poichè offuscava la mente e l'udito e appresso subito si vide ondeggiare la terra ... in maniera che io e i miei compagni fummo battuti da quello impeto di faccia a terra ... nell'alzarci si sollevò ondeggiando di nuovo la terra, e di nuovo cadimmo; ma assai più la terza volta che ondeggiò con maggior rabbia che a me parve cadere da sopra un colle. Diede poi una scossa  sì grande e terribile verso ostro, che rovinò subito tutta la città, e noi avanti ai nostri occhi vidimmo e udimmo la ruina della Chiesa delle Grazie. Seguitò poi lentamente il tremore, ed alzati che fummo, si vide ingombrata e coverta di una densissima caligine di polvere la città; e così si vide sopra Torremaggiore, S. Paolo, Serra Capriola, Apricena e Lesina.  [...] "

Lungo la costa il mare arretrò di tre-quattro chilometri e poi si riversò con furia sul litorale garganico e si dice che questo fu uno dei 5 tsunami più devastanti della storia italiana del secondo millennio.

 Al prossimo racconto. Ciao.     


mercoledì 26 marzo 2014

Dalla Grecia al Gargano: il Monte Sacro.

A Nord-Ovest della Grecia, a confine con l'Albania, si trova il famoso santuario di Dodona, il più antico sito oracolare della Grecia, sacro a Zeus Dodoneo.

Per la verità nei tempi più antichi Dodona era la dimora della coppia divina Dione-Zeus. Alla dea si dedicavano delle sacerdotesse, chiamate Peleiades, e sacerdoti, chiamati "Elloi" o "Selloi", servivano Zeus. Poi come fu e come non fu ( per spiegarlo dovrei tirare in ballo l'antico braccio di ferro tra "matriarcato" e "patriarcato", ma, tranquilli, non ho intenzione di farlo) il sito oracolare fu dedicato solo a Zeus.

 Il santuario era gestito dai  Selloi che, come già detto, erano i sacerdoti di Zeus ed erano famosi perchè dormivano sulla terra nuda anche se, d'inverno , era coperta dalla neve. Questi sacerdoti avevano particolare doni di preveggenza ed erano esperti delle rivelazioni della Natura, cioè sapevano interpretare le frasi profetiche che le correnti dell'aria fornivano, il linguaggio delle foglie dei sacri alberi delle querce agitate dal vento e il volo e il gracchiare degli uccelli annidati sui rami. Mi vengono in mente questi versi:

          " nel vento ci sono le voci degli alberi  e degli uccelli,
            i canti delle onde dei prati e del mare,
            i giochi delle nubi e il racconto dei gabbiani,
            il volo dei petali dei fiori e la danza delle foglie.
            Il vento è il soffio di Dio."

Sul Gargano vi è un monte  chiamato Monte Sacro. Prima della diffusione del Cristianesimo però il suo nome era Dodoneo e sulla sua vetta vi era un tempio- oracolo dedicato a Giove Dodoneo eretto da antichi popoli provenienti dal Mediterraneo orientale e che su questa montagna trovarono un paesaggio simile al loro sacro monte di Dodona.

Secoli dopo i vescovi cristiani pensarono che per affermare il Cristianesimo dovevano abbattere gli altari pagani e costruire, sugli stessi siti sacri, le chiese. Questo accadde sul monte Dodoneo che fu consacrato alla S.S. Trinità e fu costruita su di esso una Abbazia omonima che nel tempo divenne molto potente e la montagna prese il nome di "Monte Sacro".

Oggi anche l'antica Abbazia non c'è più e i suoi ruderi  fanno compagnia alle antiche pietre sparse del precedente tempio pagano. Le essenze dei due culti, pagano e cristiano, qui esistono ancora e non sono in contrasto tra loro.

Gli antichi Arvaniti che risiedevano nei pressi dell'oracolo greco di Dodona credevano che sulla montagna vivesse un monaco santo che suonava un tamburo invisibile che diffondeva ovunque un rombo sordo quando si verificavano grandi eventi.

Anche sul Monte Sacro si dice che vi siano delle Presenze Antiche visibili in certi periodi dell'anno.

" Credere per Vedere". Ciao.





lunedì 24 marzo 2014

La città di Uria

Vi racconto oggi la leggenda della città di Uria.

La vera ubicazione dell'antichissima città non è certa, in questa versione della leggenda è collocata sulle sponde del lago di Varano a nord del Promontorio garganico. Pare che tanto,tanto tempo fa, il lago fosse una insenatura e in essa approdarono antiche popolazioni fondatrici di  Uria che col tempo divenne una grande città con grandi palazzi, colonne, strade lastricate, e stupendi giardini.

La città aveva un accogliente porto dove arrivavano navi commerciali da tutto il Mediterraneo. Era una città ricca, circondata da immensi boschi di querce e faggi e centinaia di pecore e mucche pascolavano sulle montagne vicine. Poco lontano dalla città vi erano due templi molto belli. Uno era stato edificato vicino ad una sorgente ed era dedicato al dio Apollo ,una divinità della Luce.  Essendo le acque della fonte curative molta gente si recava in devoto pellegrinaggio a questo tempio.
L'altro si trovava più in alto, in un bosco di querce ed era dedicato ad Artemide che era la sorella gemella di Apollo ed era venerata come dea della Luna e della Notte, delle fanciulle adolescenti, della Natura selvatica e della caccia. Qualcuno la vuole anche protettrice delle partorienti perchè un mito dice che Artemide nacque per prima e aiutò la madre a far nascere Apollo (tenete sempre presente che stiamo parlando di divinità e tutto era possibile).

Uria era proprio una città prosperosa e felice e molto devota alle sue divinità che si propiziava con offerte di fiori, frutta, messi,canti e danze. Centinaia di anni dopo i culti cambiarono ma la gente rimase sempre buona e devota alle nuove divinità.
Ad un certo punto della sua storia arrivò dal mare un re malvagio di nome Tauro che invase e conquistò la città. Tauro non credeva in alcun dio e fece distruggere ogni luogo di culto e fece uccidere tutti i sacerdoti. Con il suo comportamento, le sue feste orgiastiche e le sue depravazioni condizionò anche i cittadini di Uria che col tempo divennero come lui: perfidi, corrotti e usurai.

A questo punto Dio si stancò di tanta malvagità e inviò l'Arcangelo Michele per punire la città corrotta. L'Arcangelo arrivò, come in tutte le sue missioni punitive, con il  vento dell' Est, la Tempesta e il Terremoto. La terra tremò,  le acque del mare prima si ritirarono e poi, gonfiate, si abbatterono con impeto nella insenatura e sulla città distruggendola. La città non riprese più il suo antico splendore.

Col passare dei secoli il lago fu separato dal mare da una strscia di terra e sabbia e quella che era una insenatura divenne un lago. Le zone circostanti il lago divennero zone di malaria e furono abbandonate dai pochi abitanti che si sparpagliarono su per le alture i loro discendenti fondando gli attuali paesi.

Quando tira forte il vento dell'Est e il lago mugghia in modo strano, ancora oggi si dice che quelli sono i lamenti del re maledetto che " MICHELE" continua a trafiggere con la sua Spada di fuoco.

giovedì 20 marzo 2014

La Grotta di Monte Sant'Angelo

Adagiato sulla cresta del" Monte degli Angeli", il paese di Monte Sant'Angelo è uno dei comuni più alti della Puglia con i suoi 796 metri s.l.m. Questo singolare paese si affaccia sul blu profondo dell'Adriatico e su tutte le sfumature di verde dei boschi di castagni, di monte Sacro, di monte Spigno e della Foresta Umbra.

Monte Sant'Angelo deve la sua fama alla "Apparizione" dell'Arcangelo Michele avvenuta per la prima volta nel 490. Le altre "Apparizioni" avvennero nel 492 e nel 493.   Questo è tramandato dal "Liber de apparitione sancti Michaelis in monte Gargano". Sulla Grotta, dove avvennero fatti prodigiosi testimonianti la presenza dell' Arcangelo, fu costruita una Basilica. 

Nell'atrio superiore sopra la porta d'ingresso di destra sono scritte in latino le parole di Giacobbe: "Questo è un luogo terribile! Questa è la  Casa di Dio e la  Porta  del Cielo".

La Grotta-Basilica divenne meta di pellegrinaggio. Di quì passarono i pellegrini che andavano in Terrasanta, i Crociati e gli immancabili "Templari", custodi di antichissime conoscenze, che avevano anche il compito di perpetuare l'idea dell'eterna lotta tra il Bene e il Male e controllare che certe  Porte fossero sigillate con un Tempio cristiano. Pare che la Grotta di Monte Sant'Angelo sia una di queste "Porte" ed è  difesa dall'Arcangelo Michele che  volle appunto che quì fosse innalzata la Casa di Dio.

Si dice che possa essere molto rischioso visitare questo  luogo nelle ore notturne perchè è dimora  di forze sovrumane. Si narra infatti la seguente leggenda:

"Nel  1022 l'imperatore tedesco Enrico II si trovava in Puglia e, conoscendo la fama del Santuario di Monte Sant'Angelo, si recò, con tutto il suo seguito, in pellegrinaggio alla Grotta-Basilica. Dalla gente del posto seppe che misteriose luci illuminavano la Grotta di notte. Giunto il tramonto tutti uscirono ma l'imperatore rimase perchè desiderava trascorrere la notte a pregare nella solitudine della Grotta.  
Ad una certa ora cominciò a vedere entrare una moltitudine di Angeli luminosi e subito dopo entrò il "Principe degli Angeli: Michele" il più luminoso di tutti. All' Arcangelo Michele ,nella tradizione  Dio ha assegnato le funzioni di: Giudicare, Benedire, Umiliare e Calpestare,  in altre parole è la Bilancia, la Spada e il Pugno di Dio. Se poi aggiungiamo, sempre secondo la tradizione, che nei luoghi che deve difendere dal Male, in qualunque modo esso si presenti, arriva con la Tempesta e il Terremoto, non è poi tanto difficile immaginare che la visione di questo Arcangelo è a dir poco impressionante. 
E infatti Enrico II cominciò a tremare da capo a piedi.  Michele gli disse che non doveva avere alcuna paura ma lo percosse lievemente sul fianco. 
Quando l'imperatore lasciò la  Grotta era paralizzato dalla paura e da quel giorno zoppicò per tutta la vita."

Si dice tutt'ora nel Gargano che la Grotta dell'Arcangelo Michele è "per gli esseri umani di giorno e per gli Angeli di notte". Nessuno infatti osa entrarvi dopo il calare delle tenebre.

Al prossimo mistero garganico. Ciao.



sabato 15 marzo 2014

Il mito di Sekhmet

Oggi vi racconto un mito dell'Antico Egitto: quello di Sekhmet.

Si narra che Ra-Atum, l'Antico Dio Supremo, si accorse che l'Umanità gli si era ribellata perchè cominciava ad invecchiare. Allora il Vecchio Dio Sole decise di punire l'insurrezione sterminando gran parte della Razza Umana.  Ma si accorse che il suo celebre Occhio, la sua arma di giustizia, non fosse efficace per punirli.

Perciò Ra convocò tutti gli dei antichi e chiese loro come fare. E tutti indicarono, come nuovo Occhio punitore di Ra, la dea Sekhmet. Sekhmet, come strumento di distruzione, appariva a volte come una leonessa infuriata che sguazzava nel sangue e a volte la terribile dea, dalla testa di leone, che attaccava con ferocia l'Umanità in preda ad un raptus sterminatore.

Sekhmet andò sulla Terra e uccise i ribelli. Tornò da Ra molto soddisfatta del suo operato al punto che voleva tornare per giustiziare altri uomini. Il Vecchio Dio si oppose ma Sekhmet in preda alla furia omicida scese sulla Terra devastando ogni cosa e uccise migliaia di esseri umani.

Ra  preoccupato per la totale estinzione della razza umana ideò uno stratagemma.
Si fece portare enormi quantità di ematite che ridusse in polvere finissima e la unì a grandi quantità di birra. Con questa birra colorata di rosso, durante la notte, inondò i campi fino alle cime degli alberi. Appena fu l'alba Sekhmet vedendo tutto quel liquido rosso e credendolo sangue umano vi si gettò sopra per berlo col risultato di ubriacarsi e alla fine s'addormentò. Quando si svegliò non era più interessata a continuare la distruzione e la pace discese sul mondo devastato.

Questo mito sulla distruzione dei nostri lontani antenati non è unico, in tutte le antiche civiltà e in tutte le religioni vi è un mito che si riferisce ad una catastrofe lontana che segnò per sempre l'inconscio dell'Umanità sopravvissuta e il cui ricordo fu tramandato oralmente per millenni, entrando nell'immaginario collettivo.



Alcuni studiosi ritengono che la catastrofe a cui si riferiscono  i miti suddetti più che il famoso"Diluvio Universale" sia stata invece una apocalittica eruzione vulcanica avvenuta 75.000 anni fa che provocò cambiamenti climatici tali che gli esseri umani dopo questo evento si ridussero a poche migliaia e la decimazione colpì, inspiegabilmente, soprattutto i maschi umani. La teoria sopra citata è quella della Catastrofe di Toba

Sempre secondo gli esperti, questo spiegherebbe perchè i Santuari megalitici dedicati alla fertilità e i luoghi di parto erano collegati con le energie telluriche del pianeta. Erano ,questi luoghi,  Siti Sacri, dedicati di solito a Divinità ctonie, dove venivano sfruttate le energie cosmiche e quelle elettromagnetiche del sottosuolo per favorire la capacità riproduttiva e dare speranza al genere umano.

Il racconto mitologico di Sekhmet potrebbe essere una metafora di come la Terra Madre benevola e generosa possa diventare pericolosa e mortale come una madre impazzita che uccide i propri figli.










Ciao, al prossimo mito.


martedì 11 marzo 2014

Benvenga il suono delle campane!

Sono  una privilegiata! Vivo al "centro" del "centro storico" della mia cittadina, in una via "storica" e sono circondata da palazzi del 700 e 800 e dalle chiese più belle ed antiche.

Ma ... queste chiese hanno alti campanili provvisti "tutti" di "gagliarde " campane che normalmente suonano ogni giorno alle 8, alle 12, alle 18.30 e alle 20. Nei giorni festivi riempiono gli intervalli con lunghi ,intensi e festosi scampanii. Non vi stupirete quindi se, a un certo punto della mia vita, mi sia venuta la curiosità sull'origine dell'uso della campana. Cercando qua e là ho raccolto un pò di notizie che vi racconto.

Pare che l'uso della campana sia molto antico e il loro suono è legato a rituali magici e religiosi . Con il loro tintinnio esse assolvevano a funzioni protettive ed evocative delle divinità con lo scopo di allontanare le forze del male e avvicinare quelle del bene.

In Palestina nel tredicesimo-decimo sec. a.C., i sacerdoti usavano fissare agli orli delle vesti piccole campanelle, pensando così di allontanare gli spiriti malvagi che credevano frequentassero i luoghi sacri e in particolar modo le sogli dei templi.

Il materiale che più caratterizza il suono della campana è il bronzo. Il bronzo nacque dalla fusione di rame e stagno attorno al 5000-4000 a. C. forse in Mesopotamia. La maggior parte delle campane chiamate anche"bronzi sonanti" provengono specialmente dalla cultura assira.
 Da recenti ritrovamenti archeologici ,si pensa che la realizzazione  dei primi"bronzi sonanti" fu opera delle antiche popolazioni armene. I Fenici usavano le campanelle durante le cerimonie.

I Greci in battaglia mettevano delle piccole campanelle negli scudi affinchè suonando ottenessero la protezione di Marte.

Giulio Cesare racconta nei sui scritti che i Britanni nei combattimenti tenevano le campanelle appese alle lance sempre a scopo protettivo. I Druidi  le  ritenevano indispensabili nei loro riti.

Campanelle legate al collo di mucche e cavalli li proteggono dai malefici. In tempi passati si portava in dono una piccola campana ai neonati per allontanare il malocchio delle streghe. E ancora si suonavano campanelle attorno al letto dei moribondi per allontanare i demoni in agguato pronti a ghermire l'anima fuggente.

L'uso delle campane nelle chiese cristiane risale al  VI sec.  Erano piccole ,venivano usate a mano ed erano suonate per chiamare i fedeli alla preghiera. In seguito vennero usate le grandi campane sospese nei campanili  divendando parte integrante delle usanze cristiane.

Nel Medioevo gli insediamenti umani erano pochi, isolati e distanti uno dall'altro e il territorio era generalmente coperto da sinistre foreste che nascondevano pericoli reali e immaginari: predoni, fuorilegge, bestie selvagge e... demoni, lupi mannari, streghe e orchi.  Contro queste minacce, lo scampanio sonoro costituiva un cerchio magico protettivo, un recinto rassicurante di suoni. All'interno del sacro perimetro regnava la protezione di Dio.

La campana segnava anche le ore, dividendo il giorno in unità fisse, ognuna delle quali era consacrata ad uffizi e preghiere particolari . Antica è anche l'usanza di suonare le campane delle chiese per allontanare i fulmini infatti su molte campane vecchie si trova la scritta "Fulgura frango"(rompo le folgori) o anche "Fulgura arcens et demones malignos" (tengo lontano le folgori e i demoni maligni). Perchè si pensava che i disastri naturali fossero opera del Maligno e che le campane con il loro suono, essendo benedette, sarebbero state in grado di farlo fuggire.

In Liguria si credeva segno nefasto una qualunque campana che suonasse da sola.

I toscani credevano che portasse molto male suonare le campane senza motivo e in tutt' Italia era considerato cattivo segno il fatto che le campane suonassero mentre l'orologio del campanile batteva le ore.

Tutto sommato, alla luce di queste credenze, "benvenga il suono delle campane"!

Siete della mia stessa idea?  Ciao.

venerdì 7 marzo 2014

Le fattucchiere del Gargano. Gargano "magico".



Nell'immaginario collettivo le fattucchiere erano di solito vecchie megere che abitavano in antri paurosi tra teschi, vapori di pozioni maleodoranti, pipistrelli che svolazzavano al calar del sole e serpenti che strisciavano per ogni dove.


E forse queste vecchie esistevano davvero e vivevano proprio in quegli antri che furono i ricoveri naturali delle popolazioni preistoriche che si insediarono nel Gargano, naturali discendenti delle "sciamane".

Si sa che le donne, in tempi lontani, erano preposte alla raccolta e all'uso delle erbe, radici ecc..., e  che impararono a catalogare e a tramandarne i segreti alle figlie e alle nipoti. Queste donne, che conoscevano i segreti della Natura e applicavano le loro conoscenze ed esperienze per curare ed aiutare chi a loro si rivolgeva in caso di bisogno, furono nel tempo chiamate "streghe" e "fattucchiere".

Le fattucchiere del Gargano sono, in genere, delle donne anziane linde e affabili che sanno togliere il "malocchio" e la "fattura" ed hanno qualche stranezza.
Si dice che una di esse, ad esempio, avesse nella sua casa una sedia sulla quale non faceva sedere mai nessuno: essa era riservata allo "Spirito " della casa e nessuno poteva toccarla.

Il Gargano oltre ad essere una splendida riserva naturale italiana molto nota, è anche una meno nota "riserva" di miti, tradizioni e credenze popolari tramandati soprattutto oralmente di generazione in generazione.

Sotto il velo della modernità permangono qui i segni di arti divinatorie che stanno tra il sacro e il pagano, tra scienza e magia e, dalla mescolanza di tutto ciò, ne viene fuori una religione alternativa  sotto il segno, però, della Madonna e dell'Arcangelo Michele, quest'ultimo nei paesi garganici, più che il" Principe delle Armate Celesti "o la "Spada" e il "Pugno" di Dio,  è invece considerato il "Super Amico" al quale si rivolgono per tutto, anche per le banalità del quotidiano, e viene familiarmente chiamato "Sammichele".

Abbondano un pò dovunque, nel Gargano, maghe, guaritrici e santone, e nei vicoli stretti e antichi aleggiano sempre fosche storie di "streghe " e " lupi mannari" raccontate dagli anziani della comunità davanti ai camini, d'inverno, o seduti davanti alle abitazioni, d'estate.

Conclusione il Gargano e' magico, in tutti i sensi. Alla prossima.

mercoledì 5 marzo 2014

Non lamentarsi mai della normalità o della noia del quotidiano.

Vi riporto un brano tratto da un romanzo che ho letto qualche anno fa, "L'origine perduta" di Matilde Asensi.

"A volte quando ti senti indifferente a tutto , quando aspetti che succeda qualcosa che ti cambi la vita, il destino decide di giocarti un brutto scherzo e ti colpisce al viso con un guanto di ferro.
Allora ti guardi attorno confuso, e ti chiedi da dove sia arrivato il colpo e perchè all'improvviso ti manchi il terreno sotto i piedi.
Daresti qualsiasi cosa per cancellare quello che è accaduto, rimpiangi la normalità e le  vecchie abitudini, vorresti che tutto tornasse ad essere come prima."

Riflettete. Ciao. Alla prossima ...

martedì 4 marzo 2014

Storia miracolosa. Leggende garganiche.

Si narra che San Francesco si recò pellegrino al Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano che a quel tempo era, per importanza, il quarto luogo di pellegrinaggio dopo Roma, Gerusalemme e Santiago de Compostela.

Dopo la visita alla Sacra Grotta dell'Arcangelo, San Francesco passò per un piccolo paese arroccato su una delle alture del Promontorio e vide appena fuori dell'abitato una cappellina dedicata a San Michele Arcangelo.
Entrò, fece le sue preghiere e quando uscì dalla cappella si guardò intorno ed esclamò: "Signore vorrei che qua sorgesse un mio convento" ed esprimendo questo desiderio  infisse il suo bastone di pellegrino nel terreno.

Il bastone miracolosamente cominciò a germogliare e in breve tempo diventò un maestoso pino. Vicino a quel pino alcuni frati cominciarono a costruire mattone su mattone un monastero francescano aiutati dagli abitanti del piccolo paese che consideravano quel luogo miracoloso per il prodigio del pino.

L'entità maligna del luogo, gelosa, in una notte senza luna, scatenò una bufera di vento che sdradicò dal terreno il miracoloso pino. Pochi giorni dopo questo fatto malefico San Francesco tornò al Santuario dell'Arcangelo e poi volle visitare il suo convento del bastone miracoloso.
Nel vedere il suo pino per terra pregò il Signore ... e lentamente il pino si rialzò e tornò al suo posto ma invece che con le radici s'interrò con la chioma.

Prodigiosamente le radici che rimasero per aria germogliarono e produssero una foltissima chioma.

Questa e' una delle leggende legate al paesino di Ischitella, nel Gargano. Questo albero oggi esiste ancora ed è oggetto di devozione della popolazione. 

lunedì 3 marzo 2014

Gargano dentro.


Cagnano Varano è un dolce paese abitato da gente mite e operosa che si dedica soprattutto alla pesca, alla miticultura, all'agricoltura e alla pastorizia.

Adagiato su una altura, si apre sul lato meridionale del lago costiero di Varano dai colori mutevoli, azzurro, verdastro, terrigno, oltre il quale a nord si allarga l'Adriatico.

Il cuore antico del paese ha strade strette acciottolate e case bianche addossate le une alle altre con balconcini traboccanti di piante di basilico, di gerani, collane di peperoncini e trecce d'aglio.

Una grande piazza e il  corso sono il teatro di ogni avvenimento della comunità: sposalizi, funerali processioni,comizi,mercati e festa patronale.

Intorno al paese si apre il mondo delle Bucoliche e delle Georgiche di Orazio con pascoli di ovini, bovini, caprini e suini; boschi di querce e lecci, castagneti, uliveti e alberi di noci, peschi e mandorli e piccoli campi coltivati.

Qui  regna un silenzio antico interrotto dal suono della campana della chiesa di Santa Maria della Pietà, che più degli orologi regola la vita dei contadini, e da quello dei campanacci delle mandrie.

A circa due chilometri dal paese si apre una grotta sacra e misteriosa ... ma di quest'ultima vi scriverò un'altra volta.
Ciao, a presto.

domenica 2 marzo 2014

Bentornato Marzo! Bentornata Primavera!

Ma si sa che Marzo è pazzerello. Perciò, amici, godiamoci i primi raggi caldi di sole ma teniamo a portata di mano
l'ombrello. 
Comunque sia, pazzerello o no, dice un proverbio "Vento di Marzo odor di Primavera". 


Un altro proverbio invece dice "Al primo tuon di Marzo escon fuori tutte le serpi". Sembra infatti che al fragore del primo tuono primaverile le serpi rimaste in letargo durante l'inverno escono per riscaldarsi ai raggi del sole. Quindi attenti se passeggiate nei sentieri di campagna o di collina.

A proposito di serpenti, essi erano oggetto di culto e in Italia si trovano tracce di questo culto sino dall'età del bronzo.

Presso i Latini vi era il culto dei Genii e in seguito anche dei Lari, Numi tutelari della casa e della famiglia, di solito rappresentati come serpenti che ingoiano frutta.

La credenza  (contadina ) più comune è che la serpe domestica quando entra in casa non deve essere uccisa perchè vi è la superstizione che la sua morte è presagio di morte del padrone di casa.

Ogni anno in un paesino abbruzzese, Cocullo, si celebra la festa dei serpenti o, più precisamente, la festa di San Domenico di Cocullo il quale con il solo sguardo risanava i morsi mortali delle vipere. La statua del santo viene portata in processione avvolta completamente dai serpenti e altri rettili vengono portati addosso, attorcigliati al collo e alle braccia dai devoti. E' un'antica festa pagana che risale alle popolazioni italiche preromane e nella quale si celebrava il culto del dio serpente.

La festa e' tutt'ora celebrata e ci sono diversi video che la testimoniano.

sabato 1 marzo 2014

Giustizia andrebbe fatta

"Quella che si è soliti definire la dominazione romana sull'Italia, appare piuttosto come l'unione di tutte le stirpi italiche in un solo Stato e di queste stirpi i Romani furono la più potente, ma solo un ramo di esse. La Storia italica si divide in due periodi principali: la storia interna d'Ialia , fino alla sua unione sotto la supremazia della stirpe latina , e la storia del dominio italico sul mondo". ( T.Mommsen).

Condivido la tesi di questo scrttore e penso che sia riduttivo  parlare di "Storia dell'Antica Roma" come della grande storia di una sola città italica, sarebbe più giusto parlare di "Storia dell'Italia Antica sotto il segno dell'aquila romana", sapendo che tutte le città italiche hanno contribuito a formare il grande "IMPERO".

Cosa ne pensate?

venerdì 28 febbraio 2014

La quercia di Valona




Quercia secolare by eg65, on Flickr
C'è una quercia nel Salento che è spettacolare. Pensate il tronco misura oltre quattro  metri di circonferenza ed ha la bellezza di 900 anni!

La sua chioma ha un diametro di 25 metri e la leggenda vuole che servì da riparo a Federico II e ai suoi cento cavalieri armati alla fine del XII secolo.
Infatti questa quercia e' conosciuta anche con il nome di "Vallonea dei Cento Cavalieri".
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by  eg65


Quest'esemplare, mastodontico e prodigioso, è un vero monumento della natura  ed è continua meta di turisti e curiosi.

Ci sono tanti siti dove potete trovare notizie su questa quercia. Io ne ho scelti due.
Il primo e' ovviamente la pagina Wikipedia di Tricase, la cittadina del Salento dove si trova questo unico esemplare:  Tricase. Il secondo e' un po' piu' dettagliato ed e' un pdf dal sito del wwf salento che potete scaricare e conservare.

In ogni caso spero di avervi ispirato delle buone letture. 

L'avventura comincia!