mercoledì 23 luglio 2014

Un profumo magico, la violetta di Parma.


Ho ricevuto in regalo una elegante confezione di profumo:"La Violetta di Parma".

Quell'odore dolce e delicato ha evocato in me immagini di tempi lontani : il paese di mia madre sulla collina, le affettuose accoglienze delle zie esternate con bacetti, complimenti ,risolini e tipici dolcetti offerti in piccoli vassoi di vetro con decorazioni floreali. Ma soprattutto mi ha ricordato la camera di mia nonna: i mobili di noce, l'enorme letto, incredibilmente alto, con  la testata di ferro battuto con foglie e fiori stilizzati e un medaglione centrale, sempre in ferro, dipinto a mano; le finestre con le persiane socchiuse e le tende bianche, leggere con meravigliose bordure di pizzo; il
profumo dei cassetti del comò dove vi era sempre una saponetta alla "Violetta di Parma".

Ma ricordi e sensazioni personali a parte, il suddetto profumo è soprattutto associato al ricordo della Duchessa di Parma Maria Luigia d'Austria, che governò Parma dal 1816 al 1847 in pace e prosperità. La  Duchessa amò a tal punto il delicato fiore della violetta di Parma che ne adottò il colore: per le divise dei suoi valletti, gli abiti dei cortigiani e i propri mantelli.

Si occupò personalmente che il piccolo e profumato fiore fosse coltivato sia nell' orto Botanico che nei suoi giardini e sostenne le ricerche dei frati del convento dell'Annunciata che riuscirono ad ottenere dal fiore e dalle foglie della violetta un'essenza uguale a quella della delicata pianta. I primi flaconi del profumo furono destinati all'uso personale ed esclusiva di Maria Luigia.

Nel 1870 Ludovico Borsari riuscì ad avere da quei frati la formula segreta per preparare quella famosa fragranza e fu il primo ad avere l'idea di produrre il profumo della Violetta di Parma anche per il piacere di una cerchia più vasta di donne. La coraggiosa iniziativa di Borsari divenne la prima grande industria di profumi italiana,famosa in tutto il mondo. Per questo delicato profumo furono create bellissime boccette di vetro colorato in stile Liberty.

Grazie alla duchessa Maria Luigia, ai Frati alchemici e al cavaliere Ludovico Borsari , il fiore simbolo della città di Parma è oggi  un profumo, una dolce caramellina glassata e componente della moda, della letteraura e dell'immaginario di Parma. 

Pensate,  Marcel Proust, che a Parma non era mai stato, ricordando la violetta, immaginava la città color malva.

Oggi a Parma esiste un "Museo della Violetta" e anche un negozio che vende il famoso profumo della collezione Borsari e la garbatissima persona che lo gestisce, su richiesta, è pronta ad accompagnarvi personalmente a visitare l'insolito museo.

Che dire, questa è l'Italia che mi piace!

sabato 19 luglio 2014

Non è vero ma ci credo

Su un tratto di costa del Gargano, a picco sul mare, si snoda una strada stretta che fiancheggia una lunga serie di vecchie case a schiera dalle quali occhieggiano finestre e balconcini incorniciati da caschi di peperoncini rossi e vasi di basilico.
Al piano terra di una di queste case, si può notare la costante presenza di un'anziana donna seduta su una sedia impagliata. Il suo viso ha un' espressione bonaria e le sue mani sono sempre all'opera: a pulire cicoriette, a sbaccellare i piselli, a confezionare trecce d'aglio o fare centrini con l'uncinetto e per la verità, nonostante le sue dita siano grosse e ruvide, i suoi lavoretti sono dei veri gioielli di cotone.
 
Ma mentre le mani lavorano i suoi occhi controllano la strada. Nulla e nessuno le sfugge e, se ne ha voglia, ti fa la cronaca di tutto quello che accade in quel tratto di strada . Ma la pacifica signora,della quale non dico il nome nè quello del paese per la legge della privacy, è nota  tra i suoi compaesani perchè ha, chiamiamolo così, un potere: allontana le trombe d'aria.


Quando le viene chiesto come fa, lei non si scompone e dice che quando vede che l'aria che si "arruviglia", lei dalla sua postazione, si fa il segno della croce, dice delle" Ave Maria " e "Gloria Padre" e con un gesto della mano l'allontana dal paese. Racconta ciò con un sorriso modesto, per lei, allontanare le trombe d'aria, con un semplice gesto della mano, è una cosa normale, come allontanare le mosche.

Ma quello che ai forestieri non dice, ma che i suoi paesani sanno, è che tra le varie Ave Maria e Gloria Padre sono inserite anche frasi rituali in stretto dialetto locale, note solo a lei.

Non è vero ma ci credo, fatto sta che alcuni abitanti del paese sono pronti a giurare che la brava donna, più di una volta,  ha allontanato le trombe d'aria che dall'orizzonte marino si dirigevano verso la costa e il paese. Pare che la donna garganica che ha il potere di allontanare le trombe d'aria, abbia delle colleghe, una di esse vive in Sicilia.

Ciao, al prossimo racconto.


lunedì 14 luglio 2014

Misteri del Gargano.

Nella cristianità, più di mille anni fa, il Sacramento della Penitenza era molto sentito.
L'uomo di quel tempo per espiare i suoi peccati si ritirava nei deserti o effettuava pellegrinaggi. Le mete tradizionali del pellegrino erano : il Sepolcro di Pietro a Roma, il Santo Sepolcro a Gerusalemme e la Tomba di San Giacomo a Santiago di Compostela, a nord della Spagna. Nell'alto Medioevo vi era anche una quarta meta di pellegrinaggio: quella della Grotta di San Michele Arcangelo sul promontorio del Gargano che si trova nella Daunia, a nord della Puglia.

I pellegrini provenienti dall'Occidente che erano diretti in Terra Santa,consideravano una meta obbligata,per la salvezza,la suggestiva Grotta dell'Arcangelo Guerriero. Diedero molta importanza al Santuario di San Michele del Gargano i Sovrani e i Principi longobardi che finanziarono la ristrutturazione della Basilica-Grotta e resero sicuro e confortevole il cammino del pellegrino attraverso un'agevole rete viaria costellata di ospizi, posti di guardia, monasteri e chiese posti ad intervalli quasi regolari di una ventina, o poco più , di chilometri l'uno dall'altro.

I pellegrini diretti alla Grotta del Gargano venivano da tutta Europa, anche i Crociati, prima di partire per la Terra Santa ,si recavano al Santuario di San Michele. Il culto dell'Arcangelo Michele sul Gargano fu importato da Bisanzio. A conferma di ciò fu la scoperta,sotto il pavimento della attuale Grotta, dell'esistenza di una grotta che era stata un luogo di culto bizantino. Quando entò in crisi l'Impero Romano, i Bizantini cercarono di estendere il loro dominio nel Meridione d'Italia e poichè nella Puglia settentrionale vi era un importante porto,quello di Siponto, l' imperatore Zenone vi  mandò un vescovo di origine bizantina, Lorenzo Maiorano, per diffondere la cultura orientale in quella zona.

E infatti a Lorenzo Maiorano si attribuisce la rinascita spirituale della zona con la diffusione del culto dell'Arcangelo Michele e la nascita del Santuario di Monte Sant'Angelo del Gargano. Un antico racconto, tramandato "oralmente",uno dei tanti su San Michele, narra che l'imperatore Zenone convocò un giorno Lorenzo Maiorano:
 < Lorenzo,mi hanno riferito che su un Monte della costa levantina italica avvengono fatti misteriosi. In una caverna  sono state viste luci abbaglianti e sentiti canti angelici dopo che un terribile tremore aveva scosso la Montagna ed un improvviso e tempestoso Vento di Borea si era abbattuto su di essa. Sai benissimo anche tu che questi sono i segnali che Dio ha mandato "Michele" in quella terra per combattere sai bene "Chi"...
Tu, Lorenzo, devi recarti lì. Ti nominerò vescovo del luogo, e consacrarai  la"Grotta".>

Lorenzo Maiorano arrivò in Italia e fu nominato vescovo di Siponto. Indagò sui fatti accaduti e si rese conto che in quella Caverna dimorava l'Arcangelo Michele e che l'aveva consacrata personalmente, lasciando concrete testimonianze di ciò.

Il Santuario di San Michele del Gargano è l'unico luogo di culto al mondo non consacrato da mano umana.

Ciao ... al prossimo mistero.

martedì 8 luglio 2014

La Grecia, tra miti e realta'

Zeus trasforma Licaone in un lupo (Hendrik Goltzius, 1589)
Con il racconto di oggi vi porterò in un" luogo " molto antico.

Il cuore del Peloponneso si chiama  Arcadia ed è una regione montagnosa della Grecia che, a giustificazione del nome, conserva caratteristiche di sapore arcaico, sia nella economia, pastorale e transumante, sia nei costumi dei suoi abitanti che mantengono molti elementi dell'antichità come ad esempio il ballo Tsakonikos
che rappresenta l'uscita di Teseo dal Labirinto.

Nella strada principale che esce a sud-ovest da Megalopoli in direzione di Kalamata vi è una deviazione a destra che porta, dopo aver attraversato un bosco di querce, al paese di Apiditsa dove la strada si dirama.

La strada a destra porta alle rovine di  Lykosoura. Secondo Pausania, storico e geografo greco, Lykosoura era molto antica ed era la città sacra dei re dell'Arcadia dove venivano adorati Dei antichissimi. Qui sono state portate alla luce le rovine del santuario di "Despina", un'antichissima divinità dell'oltretomba adorata in Arcadia.
 Ma il vero nome di Despina non si sa, perchè ancora nel II secolo d.C., ai tempi di Pausania, i fedeli avevano timore di rivelarlo ai profani.

Dalle rovine la strada continua verso nord e dopo un breve tragitto arriva all'odierno paese di Lykosoura. Proseguendo ancora verso nord la strada passa per Lykeo, un pittoresco paese con una ricca fonte al centro del paese, e finisce più in alto nel paese di Ano Karyes di una bellezza indescrivibile: dentro e fuori del paese scorrono acque abbondanti e intorno vi sono prati , fiori e castagni.

Da Ano Karyes partono gli scalatori per la salita sul monte Lykeo che si trova a 1.421 metri di altitudine. All'altezza di 1.200 si apre un piccolo altipiano dove sono state trovate le rovine del tempio del dio Pan, il dio dei pastori arcadi. Un  pò più in alto si conserva la base di una colonna. Lì nell'antichità si trovavano due colonne decorate con aquile dorate, alla base di una collinetta di terra che era l'ara dedicata a Zeus.
Sulla cima della collinetta gli antichi facevano i sacrifici, e addirittura, si dice, che facessero sacrifici umani. Così testimoniarono Platone e più di cinquecento anni più tardi, Pausania che sul monte era salito,scrivendo poi che" su questo altare essi sacrificavano in segreto a Zeus Lykaios". Da scavi effettuati da una missione greco-americana a partire dal 2006, i pochi reperti trovati fanno pensare
che il santuario del monte Lykeion era un luogo di venerazione già molti secoli prima di quanto si credeva ed era dedicato ad una Divinità dal nome sconosciuto venerata prima di Zeus.

Quando nel II sec. d.C. Pausania visitò il santuario, la memoria delle sue antichissime radici, gli avevano conferito quell'atmosfera di mistero che lo stesso Pausania aveva colto e poi descrtto" nessun uomo poteva mettere piede all'interno del sacro recinto,pena la morte, che sarebbe avvenuta entro l'anno". E inoltre
annota "all'interno del santuario nessun animale, nè essere umano, getta ombra". Come dire che chi entrava nel recinto sacro era destinato a diventare un fantasma. Ai tempi del misterioso santuario era re dell'Arcadia Licaone, uomo molto prolifico,pare avesse 50 figli, con una personalità ambigua: un re giusto e generoso da un lato,mentre dall'altro infrangeva le sacre regole dll'ospitalità uccidendo i commensali che invitava al suo tavolo.

Una versione molto nota del mito di Licaone, riportata da Pausania, vuole che il re avendo invitato a pranzo alcuni forestieri gli venne il sospetto che uno di loro fosse un dio. Per smascherarlo fece servire della carne umana mista ad altre carni di animali. Ma l'ospite divino in incognito era Zeus che aveva voluto constatare di persona la malvagità del re. Zeus infuriato scagliò il suo terribile fulmine che incendiò la reggia, maledì Licaone e lo trasformò in lupo. Anche Ovidio nelle "Metemorfosi" racconta il mito di Licaone.

Si voleva con queste storie mitiche dare ammonimenti agli antopofagi arcadi a lasciare i vecchi riti cruenti.  Infatti Platone riporta che ogni otto anni si riuniva sul monte Lykaion una setta per celebrare sacrifici in onore di Zeus Lykaios. Durante questi riti si mescolava un  singolo pezzo di interiora umane a interiora di animali e poi si distribuiva il tutto ai presenti: chi avesse mangiato il pezzo di carne umana si sarebbe trasformato in lupo e avrebbe potuto recuperrare la propria forma umana solo se non ne avesse più mangiata fino alla conclusione del successivo ciclo di otto anni.

Dal mito di Licaone nasce la credenza popolare, molto diffusa in tutti i Paesi, del Licantropo, l'uomo lupo o lupo mannaro..

Il Peloponneso è la Grecia dei miti, quella che ci ha raccontato Omero. Io ci sono stata e posso confermarne la magica atmosfera.

Spero di avervi incuriosito e, chissa', ispirato per le vostre prossime vacanze.

Ciao, a presto.



mercoledì 2 luglio 2014

"Il mito della Sibilla Cumana" tratto dalle Metamorfosi di Ovidio.

" ... Enea si diresse al lido di Cuma,zona paludosa pullulante di alghe. Lì entrò nella grotta della longeva Sibilla per pregarla di aiutarlo ad attraversare l'Averno e ad  incontrare i Mani del padre.
La Sibilla accettò di fargli da guida e gli indicò poi un ramo fulgente che cresceva nella selva della dea Giunone d'Averno e gli ordinò di staccarlo dal suo tronco.
Egli eseguì il comando e così vide schiudersi davanti ai suoi occhi l'Orco Tremendo in tutta la sua potenza e potè incontrare le ombre dei suoi antenati e quella magnanima del vecchio Anchise. Fu informato anche delle leggi che governavano quei luoghi e dei pericoli che ancora doveva affrontare nelle future guerre.
Sulla via del ritorno si rivolse alla Sibilla che lo guidava:
< Non so se tu sia una dea vera o solo un essere privilegiato dagli Dei,ma io ti considererò sempre una divinità e riconoscerò sempre che fu tuo merito se ho potuto visitare i luoghi della morte e ritornare sano e salvo dopo averli visti. Per ringraziartene, quando tornerò a respirare l'aria pura che ci sovrasta, ti eleverò un tempio,anche se sei una persona viva e ti onorerò con l'incenso.>
 La profetessa gli rispose:
< Non sono una dea non devi attribuire l'onore del sacro incenso a una persona umana! Ma devi sapere che mi era stata offerta una vita eterna priva del buio della morte a patto di sacrificare la mia vergnità all'amore di Febo. Egli sperava di ottenerla e faceva di tutto per attirarmi con doni. Scegli quello che vuoi, mi disse e l'avrai, fanciulla di Cuma. Io raccolsi un pugno di polvere e glielo mostrai, chiedendo di vivere tanti anni quanti granelli c'erano in quella manciata di polvere: nella mia stoltezza non mi venne in mente di aggiungere che dovevano essere anni di gioventù.
Egli mi avrebbe concesso senz'altro insieme ad essi una giovinezza perenne,se avessi accettato il suo amore: invece per aver disprezzato la sua offerta, sono rimasta senza nozze. E ormai l'età più felice mi ha volto le spalle e la penosa vecchiaia avanza col suo passo tremante: dovrò tollerarla a lungo.
Sibilia Cumaea, Elihu Vedder (1898)
Ho già vissuto sette secoli e per adeguare il numero dei granelli di polvere mi manca di vedere ancora trecento estati e trecento autunni. Verrà il momento in cui, altermine della mia lunga giornata,il mio corpo si rattrappirà, da così imponente che era, e la vecchiaia consumerà le mie membra e le ridurrà ad un mucchietto d'ossa senza peso. Allora non sembrerà possibile che io sia stata amata e meno che meno che sia piaciuta a un dio. Febo stesso forse non mi riconoscerà o negherà di avermi mai voluto bene. Fino a tal punto si dirà che sono mutata! Poi sparirò agli occhi di tutti, ma sarò riconosciuta dalla voce, sì il destino mi lascerà la voce.> "

Bel mito! Ognuno ne tragga la morale che crede. Ciao.

Esilio alle Tremiti

Luglio 2014. Tempo di vacanze, di racconti magici sotto le stelle cadenti, di venti caldi e profumi intensi e di luoghi speciali.

Uno di questi luoghi è un piccolo arcipelago dell'Adriatico chiamato" Diomedee",  "Orto del Paradiso", Tremiti.

Su una delle isole Tremiti, quella di San Nicola, passeggiando lungo le piccole spiagge , circondate dalle rocce o per i sentieri, tra fioriti arbusti e profumate erbe selvatiche, vi può capitare di vedere in quel particolare momento del tramonto, quando la luce diventa dorata e incipriata di arancione e di rosa, una evanescente figura di donna dal portamento regale, solitaria, con una lunga tunica leggera che guarda malinconicamente l'orizzonte. Ma la si può vedere solo per pochi momenti, poi svanisce insieme al rosa e al lilla del tramonto.

Quella apparizione è Vispania Giulia Agrippina, più nota come Giulia minore,nata il 19 a.C. e membro della dinastia Giulia-Claudia, in quanto nipote dell' imperatore romano Augusto .

Julia Minor (foto: Jörg Moser)
Fu su questa isola esiliata dal nonno per aver commesso adulterio. Nel 18 a.C.Augusto aveva promulgato delle leggi per cautelare la famiglia. Una di queste leggi era la "lex de adulteris" che puniva con l'esilio a vita la sposa infedele e il suo amante ed obbligava il marito o il padre alla denuncia dell'adultera.
Ma per uno strano scherzo del destino fu costretto ad applicare la legge proprio a danno delle donne della sua famiglia: la figlia e la nipote.

Giulia visse sull'isola delle Tremiti per venti anni. Qui morì nel 29 d.C. e quì fu sepolta poco lontano dalla tomba del leggendario eroe greco Diomede.
Nello scandalo di Giulia minore fu coinvolto anche il grande poeta Publio Ovidio Nasone che fu improvvisamente e misteriosamente mandato in esilio, senza ritorno, a Tomi sul Mar Nero.
Il marito di Giulia, Lucio Emilio Paolo Lepido, venne condannato a morte poichè dichiarato connivente della moglie. Invece l'amante Decimo Giunio Silano non fu nè esiliato, nè condannato con un editto del Senato, venne invece privato dell'amicizia di Augusto.

Ciao, alla prossima storia estiva.