mercoledì 29 ottobre 2014
LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI IN CAPITANATA
Si narra che nei tempi antichi di Roma, sulla strada che portava ad Ostia, esisteva un giardino meraviglioso con tanti alberi ricchi di frutti succosi.
Qui dimorava una bellissima Amadriade che, con argentei coltellini e falcetti, sfoltiva i rami degli alberi, ibridava piante differenti, faceva scendere su di loro delicate piogge e, soffiando, faceva frusciare le loro chiome.
I Romani chiamavano questa ninfa degli alberi da frutto Pomona, il luogo dove viveva Pomonale e la festeggiavano la notte fra il 1° e il 2° di novembre.
A lei dedicavano gli ultimi frutti dell'anno : castagne, noci, uva, mele e melograni e a lei si affidavano affinchè i frutti, raccolti e conservati, durassero per tutta la stagione invernale e che i semi sotterrati rinascessero in forma di piante fruttifere.
A questa bella e generosa dea veniva affiancato il dio etrusco Vertumno che era abile nelle metamorfosi e presiedeva al mutamento delle stagioni e alla maturazione dei frutti.
Questi festeggiamenti alludevano al letargo della Natura e alla interruzione del periodo fertile e si rifacevano a rituali ancora più antichi di morte e rinascita.
Queste celebrazioni vennero cristianizzate.
Nel 988 Odilone di Cluny, quinto abate dell' Abbazia di Cluny, dispose che tutti i conventi cluniacensi, dopo i vespri di Ognissanti, suonassero le campane con rintocchi funebri, in onore di tutti i defunti e si pregasse per loro. Successivamente questa pratica si estese a tutta la Chiesa occidentale.
Oggi in quella straordinaria parte della Puglia settentrionale, chiamata Capitanata, vi sono suggestivi borghi antichi, adagiati sulle alture dei Monti Dauni, ricchi di storia e tradizioni in cui armoniosamente convivono il sacro e il profano, le credenze popolari e la religione cristiana.
Un'antica credenza è quella che nella notte tra il 1° e il 2°di novembre le anime dei morti riprendono i loro corpi e percorrono le vie dei paesi in processione secondo un ordine particolare: avanti sfilano i bambini molto piccoli ,poi quelli più grandicelli, i giovanotti, le zitelle, le maritate, il clero e gli uomini.
Chiudono la sfilata i morti colpiti da fulmini e quelli ammazzati con i corpi devastati da ferite sanguinolente e i decapitati con le teste in mano.
Gli anziani raccontano che, in tempi passati , si poteva vedere questa insolita processione mettendo, davanti la porta di casa, una bacinella d'acqua in cui si versava un pò di olio, si mettevano due candele ai lati e una misura di fave da contare. Guardando con molta concentrazione l'acqua si vedeva la "Processione dei Morti".
Ma, prima del passaggio dei morti ammazzati, l'osservatore doveva avere la prontezza di interrompere l'esperimento. Se, per curiosità o incantesimo non lo faceva, rischiava di essere rapito o ucciso.
Per rischiarare la via ai defunti, ancora oggi, davanti alle case si mettono le zucche ,svuotate, intagliate e illuminate da una candela posta nel loro interno.
A Orsara in questa notte misteriosa e magica al tempo stesso, si accendono i falò in tutte le strade del paese e davanti alle abitazioni vengono imbandite tavole con cibi poveri ma simbolici come il grano cotto e condito con il mostocotto e i chicchi di melograno, patate, cipolle, castagne cotte, ceci e fave.
L'elemento che caratterizza i falò di Orsara è la Ginestra che è un arbusto che si trova in abbondanza sui fianchi delle colline circostanti, è profumato e, bruciando, con i sui crepitii rallegra la notte fredda e nebbiosa e poichè volatilizza facilmente sembra collegare cielo e terra in questa notte surreale dove il mondo visibile e quello invisibile sembrano entrare in comunicazione.
Si crede infatti, in tutta la Capitanata, che le anime dei defunti tornino tra i vivi aggirandosi tra i parenti e nelle case dove avevano vissuto e lascino dei doni nelle calzette che i bambini appendono nel camino o dietro l'uscio o le finestre.
"PAESI CHE VAI, USANZE CHE TROVI"
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